Incipit

A cantare fu il cane

Nella notte tra venerdì 16 e sabato 17 luglio 1937, dal caseggiato di via Manzoni sito al civico 37, altezza incrocio via Porta, si levò alto un grido. «Al ladro, al ladro!» Era quasi l’una.


Viva più che mai

La luce della croce di Camaggiore. Più sotto quella del campanile di Noceno. Più sotto ancora quella del santuario della Madonna di Lezzeno. Infine quelle di Bellano. Le finestre del cotonificio, i lampioni del lungolago, quella lampeggiante del molo, poi… Poi basta.

Le mele di Kafka

Il telefono, di bachelite, nero, a muro, stava in fondo al corridoio d’ingresso. Aveva un suono imponente, martellava le orecchie. «Par i campàn del dòm!» diceva spesso la perpetua.


La verità della suora storta

Stravaccato com’era sul sedile posteriore della sua Fiat Millenove, di Sisto Santo si vedevano solo i piedi che sporgevano dal finestrino posteriore, il destro.


Le belle Cece

«Una faina», sbottò Fulvio Semola. Lo disse di sé. Era notte ormai, le undici e mezza. «Cos’hai detto?» chiese la Selina, la moglie. «Che sono una faina.» Solo uno astuto come una faina poteva avere un’idea simile.


Un bel sogno d'amore

La notizia cominciò a circolare nel febbraio 1973. Presso il cinema Casa del Popolo sarebbe stato proiettato il film Ultimo tango a Parigi. Bastò la chiacchiera per provocare fantasie squinternate

Galeotto fu il collier

Davidone Perpenna aveva una faccia colore della roccia, un naso enorme, la mascella prognatica. Era una faccia che sembrava buona per il circo equestre o per fare lo scalatore.

La mamma del sole

Paura vera. La paura dei bambini. Infatti aveva sei anni ed era estate. Agosto, un sole che ammazzava i cani.

La modista

La guardia notturna Firmato Bicicli entrò all’Osteria del Ponte. Mancavano pochi minuti alle ventuno, ora in cui attaccava il lavoro. Appoggiato il gomito al bancone, ordinò il solito caffè. «Con schizzo di cognac.»

Olive comprese

Maria Isnaghi non aveva mai visto un morto in quarant’anni di vita. Lo vide la sera del 12 novembre 1936, giovedì. Non solo lo vide, lo toccò. La toccò, anzi.

La figlia del podestà

Mercede Vitali, dell’omonima merceria sita a Bellano in via Balbiani numero 27, era una smortina tuttaossa. Nubile. Vergine. Vegetariana. Aveva quarant’anni. Da venti non si perdeva la prima messa del mattino. Pregava, poi andava a vendere mutande.